ODLE – PUEZ
Le montagne dell’oblio
Come spesso succede a tutto ciò che si trova al margine del noto, anche a certe montagne non capita miglior sorte. L’oblio, la scarsa considerazione, il poco interesse a conoscere ed approfondire la segreta bellezza di vallate, angoli, cime, pareti, vie, panorami. Se non fosse per l’affascinate Val di Funes e l’incantevole Vallunga, luogo ispiratore di pittori e pensatori, molti, di questa zona dolomitica, ne ignorerebbero probabilmente la collocazione. Il gruppo Odle-Puez, posto alla periferia della dolomiti, non gode certo della fama dei suoi più celebrati vicini Sella e Pordoi, nonostante abbia ricchezza di scirci e contrasti. Oltre che generoso nella varietà di visioni che, spesso inaspettate, sanno offrire all’esploratore curioso e sensibile, emozioni indelebili. Il nome stesso nella lingua ladina significa “aghi”, bene illustra la caratteristica principale delle montagne del massiccio ed anticipa quelo che, camminando tra le sue pieghe, si può osservare con evidenza. Dal mare dei verdi pascoli, sonnolenti nella loro solitudine, interrotta, durante la bella stagione, dallo scampanio delle mucche ruminanti, si elevano svettanti picchi dai nomi originali: i Covoli, Cima di Lavina Bianca, Torre di san Zenon, Furchetta , Sass Rigais, Odla di Funes, Piccola e Grande Fermeda. E ancora Odla di Cisles, Torre dell’Odla, Sass de Mesdì, Odla di Valdussa. Verso il confine a settentrione, il bellissimo e spettacolare blocco monolitico del Sass de Putia, reso ancor più estetico ed impressioannte sul versante Nord. In questa terra degli aghi, gode incontrastato dell’insolito primato dell’anomalia. La sua collocazione pare quasi, per una volta, un errore della natura. Alle praterie che neorlano la base, più lontani fanno da contrasto gli altipiani di Crespina e della Gardenaccia, desolati tavolati rocciosi dal suggestivo aspetto lunare, con caratteristici conoidi rocciosi, crateri e doline.
Sulle pareti di queste cime hanno lasciato le loro firme alcuni illustri scalatori del passato e contemporanei: Dibona, Dulfer, Solleder, Livanos, Vinatzer, Messner, rabanser. Pochi però, ai giorni nostri, sono i ripetitori e, ancor meno gli estimatori , delle loro fatiche. Forse il fascino segreto di questi luoghi stà proprio nell’alone di solitudine che l’inconsueto, il contrastante, l’incerto, la posizione ai margini hanno contribuito a creare e a mantenere nel tempo. E che tale rimanga.
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